Lo studio di un gruppo di ricercatori italiani, basato su un anticorpo chiamato A13 in grado di riattivare la produzione di neuroni (neurogenesi), ha gettato basi promettenti per lo sviluppo di un potenziale farmaco in grado di contrastare l’Alzheimer, che al mondo colpisce circa 50 milioni di persone.
Riportiamo un’interessante intervista pubblicata dal sito Fanpage.it al professor Antonino Cattaneo della Fondazione EBRI ‘Rita Levi-Montalcini’ (e Professore di Fisiologia alla Scuola Normale Superiore), coordinatore del team di ricerca italiano che è riuscito a bloccare il morbo di Alzheimer allo stadio iniziale in topi transgenici.
Professor Cattaneo, i risultati della ricerca condotta dal suo team dell’Istituto EBRI sembrano gettare basi molto promettenti su un possibile trattamento per il morbo di Alzheimer allo stadio iniziale. In quanto tempo si potrebbe arrivare a un farmaco efficace sull’uomo?
Faccio una doverosa premessa. Questo è uno studio preclinico; per arrivare ad applicazioni terapeutiche ci sarà un primo scoglio che è l’approvazione per lo studio sull’uomo e un secondo scoglio, la sperimentazione sull’uomo, che sarà doverosamente lunga. Eventuali risultati tangibili per i pazienti ci saranno nell’ordine di 8-10 anni. Questo è un messaggio importante che noi vogliamo sottolineare con forza. Però è chiaro che non si arriva a nuove terapie senza una solida ricerca di base nei laboratori. Senza di essa non c’è risultato possibile in termini terapeutici. Questa è la base imprescindibile. Va detto che il tempo necessario è anche relativo alla disponibilità di finanziamenti adeguati. Perché le fasi successive, come del resto quella già sostenuta, ma in particolar modo quelle successive, costano molti soldi. Quindi è chiaro, se uno ha tutti i soldi che servono si usa meglio il tempo a disposizione. Se non si può avanzare così velocemente come si vorrebbe perché i soldi non ci sono i tempi inevitabilmente si allungano.
Continua a leggere su Fanpage.it
Lascia una risposta