“L’Italia è capofila in Europa nella gestione della risorsa sangue del paziente prima, durante e dopo gli interventi chirurgici maggiori, il cosiddetto ‘Patient Blood Management’ che può salvare migliaia di vite. Con questa motivazione il nostro paese è stato premiato al ‘Global Symposium Patient Blood Management’ che si è appena tenuto a Francoforte.”
Così introduce la notizia il Centro Nazionale Sangue sul suo sito istituzionale.
“L’Italia è il primo paese in cui il PBM è supportato ufficialmente dal Ministero della Salute – spiega Kai Zacharowski dell’ospedale universitario di Francoforte, organizzatore del convegno a cui hanno partecipato oltre 200 esperti da tutta Europa -, e potrebbe fare da esempio per gli altri paesi”.
Come riportato dal Centro Nazionale Sangue, affrontare da anemici un intervento di chirurgia maggiore può aumentare il rischio di mortalità dal 3% al 10%. Il problema, secondo alcune stime, può riguardare dal 5 al 20% della popolazione italiana.
Che cos’è il PBM
Il PBM consiste in una serie di tecniche farmacologiche e non farmacologiche da adottare prima, durante e dopo l’intervento per evitare che il paziente arrivi anemico in sala operatoria.
Se ben applicato, può ridurre i tempi di degenza e ridurre sensibilmente i costi legati alle terapie trasfusionali oltre a ridurre le complicazioni.
In Italia sono state avviate diverse iniziative coordinate dal Centro Nazionale Sangue che introducessero l’arcomento e ne diffondessero il protocollo, per mandato del Decreto Ministeriale del 2 novembre 2015 e fra queste la campagna ‘Only One’ con una pagina web dedicata e del materiale informativo tra cui un video sulla “giusta trasfusione”.
Pochi sono i paesi che adottano il PBM, alcuni tra questi UK e Canada.
“La corretta gestione del paziente alla vigilia di un intervento chirurgico è un momento cruciale – spiega Giancarlo Liumbruno, Direttore del Centro Nazionale Sangue, che ha ritirato il premio a Francoforte e illustrato il sistema italiano durante una sessione del simposio – Sappiamo che il mancato trattamento dell’anemia pre-operatoria equivale all’erogazione di prestazioni sanitarie sub-ottimali, con un aumento del rischio di complicanze anche gravi”.
FONTE http://www.centronazionalesangue.it/node/678
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