Donare il sangue

Ma gli autotest funzionano davvero?

TEST DA ESEGUIRE IN BEATA solitudine, con la sola e fedele compagnia dell’ansia. Esami, del sangue o delle urine, per decine di valori, e relative patologie, accessibili in ogni momento. Risultati che possono essere letti con i propri occhi, senza la voce di un medico che riporta alla realtà con il suo: «Sta benissimo non ha niente. È tutto nella norma». Provare il brivido dell’attesa del risultato, in cui si pensa al ricovero nel migliore dei casi, al testamento nel peggiore, vedendo i campioni colorarsi. Poter rivivere tutto questo ogni giorno, in ogni momento, quando si vuole. Se c’è un paradiso – o un inferno? – , gli ipocondriaci lo immaginano così. E qualche volta i desideri diventano realtà.

Negli ultimi anni sono aumentati i test di autodiagnosi. Si trovano in farmacia a prezzi non sempre contenuti, ma affrontabili. Si va dai 2 ai 40 euro circa, la maggior parte si aggira tra i 15 e i 20 euro. In principio riguardavano soprattutto le analisi legate a patologie croniche, come il diabete. O la gravidanza, che, da anni, può essere constatata con apposito stick. Ora è possibile controllare con il fai da te colesterolo, ferritina (per misurare la quantità di ferro), Tsh (ormone che regola l’attività della tiroide), Helicobacter pylori (batterio responsabile dell’ulcera), Psa (antigene che certifica un’alterazione fisiologica della prostata) e molto altro. Dal primo dicembre 2016 sono in vendita anche test di autodiagnosi del virus Hiv. Gli autoesami richiedono 10-15 minuti al massimo. Si eseguono con un campione di urine oppure con un piccolo prelievo di sangue, ottenuto con un pungidito, da mischiare con un reagente. Su tutti i bugiardini si ribadisce che i test «non sostituiscono i metodi diagnostici tradizionali» e i risultati richiedono sempre il «consulto di un medico». «L’aumento dei test di autodiagnosi ha risvolti positivi e negativi», commenta Silvio Garattini, farmacologo, fondatore e direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano. «Da un lato offrono un servizio in più ai cittadini, dall’altro bisognerebbe stabilire quali sono davvero attendibili. Vanno bene quelli per valori come glicemia o colesterolo. Ci vuole più attenzione con quelli ormonali, che richiedono un’interpretazione professionale e approfondita».

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«Possibile», risponde Emanuela Saita, docente di Psicologia della salute all’Università Cattolica di Milano. «La ricerca spasmodica di risposte immediate soddisfa un bisogno tipico della nostra società. Viviamo in un mondo in cui tutto ci sembra possibile. Questo porta le persone a pensare di poter far da sé anche in un campo medico. Spesso le decisioni riguardanti la salute sono più emozionali che razionali». Per capire fino a dove può spingersi l’autodiagnosi decido io stessa di provare quanti più test possibili. Non mi definirei un’ipocondriaca pura. Lo sono stata in passato, poi sono migliorata. O forse, come dice Woody Allen, «non è che mi senta malata di continuo, ma quando mi ammalo penso subito sia la volta buona». Ad ogni modo, l’idea di farmi da sola un numero considerevole di esami mi intriga. Inizio a informarmi su internet. I test a disposizione sono tantissimi, ma è difficile trovarli tutti in un’unica farmacia. Nella prima in cui mi reco recupero solo un tradizionale kit diagnostico per le urine. Il titolare dice di non essere molto convinto dai nuovi dispositivi e di non averne mai avuto particolare richiesta. In quelle successive, diversi tipi di home test fanno capolino dal bancone, tra cosmetici e integratori alimentari. I farmacisti dicono di venderne parecchi. Recupero anche quelli per Hiv, droghe e alcol, usati soprattutto da chi deve valutare se mettersi alla guida o meno dopo aver bevuto. La mattina successiva, a digiuno, come da istruzioni, provo il test del colesterolo. Mi pungo il dito, operazione non dolorosa, raccolgo il sangue sulla striscia reattiva e sovrappongo la carta comparativa in cui sono indicati i vari valori, con tanto di faccina triste o sorridente a seconda del risultato. Entro 40 secondi dovrei conoscere i livelli del mio colesterolo. Non succede nulla. Consulto di nuovo le istruzioni. Il test non è valido. Non l’ho eseguito in modo corretto. Il mio debutto nel mondo dell’autodiagnosi non è dei più fortunati. Non mi perdo comunque d’animo e dopo pranzo, beandomi nell’ignoranza dei miei valori, mi concedo una fetta di torta al cioccolato. L’autotest della ferritina riesce alla perfezione. Una collega prova quello per il Tsh. Anche per lei qualche difficoltà iniziale con istruzione e esecuzione, ma poi tutto fila liscio. L’ esame non dà un valore numerico, ma si interpreta con “positivo”, che si traduce con valori di Tsh superiori al normale anche se non viene specificato di quanto, o “negativo”. La metodologia mi lascia perplessa.

IL TEST PIÙ LUNGO DA ESEGUIRE, e che più mi porta a riflettere sull’autodiagnosi, è quello dell’Hiv, acquistabile solo dai maggiorenni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità ha un livello di attendibilità altissimo, confermato dai dati sul bugiardino, su cui compare anche un numero da chiamare per aiuto o domande. È vero che un autotest per una patologia grave come l’Aids può aiutare molte persone a uscire dal sommerso, ma come si può affrontare da soli il momento di un’eventuale responso di positività al virus Hiv? (A proposito, risultato negativo). «L’autodiagnosi non deve alterare il rapporto tra medico e paziente, né sostituire la normale attività di prevenzione», precisa Paolo Veronesi, direttore della Divisione di Senologia chirurgica allo Ieo (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano e autore con Eliana Liotta de Il bene delle donne (Rizzoli), guida ragionata alla salute femminile. «Gli autotest possono essere utili per monitorare alcune patologie o per far suonare dei campanelli d’allarme, ma devono essere sempre seguiti da ulteriori analisi e dal confronto con il proprio medico. I check up e le cure devono essere personalizzati in base alla storia, la familiarità e le esigenze del paziente. Non si può generalizzare». Decido di aggiungere al bouquet di test anche quelli sulle intolleranze alimentari, tema molto discusso. Non trovo kit completamente fai da te in nessuna farmacia. Mi accontento di quello per la celiachia (intolleranza al glutine), che devo comunque ordinare. Lo eseguo in scioltezza, ormai esperta di pungidito, pipette, diluenti e tempi di reazione. In tre giorni ho fatto 15 test di autodiagnosi. Tutti quelli che sono riuscita a trovare, girando sette diverse farmacie. Ho speso 242 euro. Il mio stato di salute generale sembra buono, ma continuo a fidarmi di più delle analisi di laboratorio. Forse mi sarebbero costate pure meno. Il dato positivo è che la maratona di test, almeno, non ha risvegliato la mia ipocondria latente.

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