(Corriere della Sera) Lo sforzo di controllare le crisi che caratterizzano questa malattia non è sufficiente L’obiettivo deve essere una presa in carico di tutte le necessità di chi ne soffre.
È una delle patologie neurologiche più diffuse al mondo. Interessa 50 milioni di individui a livello globale, 600 mila solo nel nostro Paese, di cui il 40% è affetto dalla forma resistente ai farmaci. L’epilessia, che significa «essere colti di sorpresa» è proprio questo: crisi improvvise che causano perdita di coscienza , alterazioni motorie e sensoriali, caduta o stato di assenza.
Chi convive con l’epilessia, quando non la riesce a gestire con i farmaci, non conduce una vita semplice: non può stare da solo, prendere un autobus o guidare un’auto può essere problematico, e lo è anche frequentare la scuola o andare al lavoro. La società negli anni ha fatto ben poco per includere gli individui con epilessia e purtroppo la discriminazione e lo stigma hanno peggiorato il quadro. A questo si somma una gestione generale della malattia, volta solo a contenere le crisi, dimenticandosi delle necessità dei pazienti.
Ma nel 2022 questo potrebbe cominciare a cambiare. A maggio l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (Oms) sarà chiamata a ratificare il primo 10-year Intersectoral Global Action Plan for Epilepsy and other Neurological Disorders (Igap), il piano d’azione intersettoriale per gestire l’epilessia e gli altri disturbi neurologici a livello globale con obbiettivi di cura e di promozione sociale ben definiti. Tra gli obiettivi da raggiungere entro il 2031: il 90% delle persone con epilessia dovrà ricevere una corretta diagnosi; l’80% dei pazienti avere accesso ai farmaci necessari e il 70% poter controllare bene le crisi. «L’Action Plan «potrebbe facilitare leggi per garantire tutele in ambito scolastico e lavorativo, e per abbattere il pregiudizio» dice Francesca Sofia, consigliere della Federazione italiana epilessie (Fie) e presidente dell’Ufficio internazionale per l’epilessia (Ibe) . L’Oms dovrà ratificare il documento entro maggio. «Chiediamo al Ministero di lavorare insieme» aggiunge Rosa Cervellione, presidente della Fie «per raggiungere gli obiettivi proposti dal piano globale». Il ministero della Salute ha ricordato di aver avviato da tempo un percorso di ascolto e confronto con le realtà impegnate per la gestione dell’epilessia».
L’epilessia per molto tempo è stata scorrettamente considerata (e in parte lo è ancora) un disturbo mentale. Ma non è affatto un problema di salute mentale, bensì una patologia neurologica. Questa condizione si presenta soprattutto durante l’infanzia e la vecchiaia. E può esprimersi in modi diversi: crisi focali (che nascono in una determinata parte del cervello), crisi miocloniche (scatti involontari degli arti), crisi atoniche (perdita improvvisa del tono posturale con possibili cadute a terra), crisi di assenza (interruzioni momentanee dello stato di coscienza), e crisi convulsive. Le persone con epilessia spesso subiscono discriminazione, vivono una condizione di isolamento sociale, e possono avere difficoltà a trovare lavoro o a seguire il percorso scolastico.
Nonostante l’ampio ventaglio di aspetti su cui impatta, gli sforzi per la gestione della malattia sono ancora tutti indirizzati al solo controllo delle crisi. Ma se è vero che il 60-70% delle persone con epilessia riesce a tenere le crisi sotto controllo con la terapia, c’è un altro 30% che non raggiunge questo obiettivo. Chi è resistente ai farmaci non riesce sempre a condurre una vita in piena autonomia e dovrebbe essere seguito dai centri specializzati, ma non è sempre così: «In una recente ricerca svolta insieme alla Regione Lombardia — ha spiegato Laura Tassi, presidente della Lega italiana contro l’epilessia — abbiamo rilevato che solo il 15% delle persone con epilessia era gestito dai centri specializzati. Ma il problema riguarda anche il fatto che non tutti i medici sanno diagnosticare in modo corretto la malattia. E questo accade nonostante il nostro Paese vanti epilettologi di eccellenza con una delle società scientifiche con più seguito». Per l’epilettologia mancano percorsi di studio ben delineati, e questo è un altro segnale della scarsa attenzione che si pone verso una malattia che è tutt’altro che facile da diagnosticare. Nel piano globale che dovrebbe approvare l’Oms tra poche settimane, l’epilessia ha un posto privilegiato già nel titolo, una posizione di rilevanza che non vuole minimizzare le altre patologie, ma semmai decretare in modo definitivo come l’epilessia sia a pieno titolo una malattia neurologica e come tale vada trattata.
Il termine «disturbi neurologici» indica una serie di condizioni che interessano il sistema nervoso centrale e periferico, come appunto l’epilessia, ma anche cefalee, demenze, morbo di Parkinson, malattie cerebrovascolari (compreso l’ictus), i disturbi neuroinfettivi/neuroimmunologici (inclusi meningite, Hiv, malaria cerebrale e sclerosi multipla), quelli neuromuscolari (fra cui distrofia muscolare, miastenia grave) e dello sviluppo neurologico (disturbo dello spettro autistico e patologie neurologiche congenite), lesioni traumatiche del cervello e del midollo spinale e tumori del sistema nervoso.
Negli adulti i disturbi del sistema nervoso sono la seconda causa di morte a livello globale, con nove milioni di decessi all’anno. Secondo la classificazione dell’Oms la disabilità neurologica può essere causata da una serie di interazioni tra condizioni neurologiche e fattori esterni. Per questo è necessario un approccio multidisciplinare e ad ampio spettro che tenga in considerazione tutti gli aspetti: clinici, ambientali e sociali. Ed è quello che intende fare questo Piano globale, attraverso la realizzazione di cinque obbiettivi strategici.
Lascia una risposta