(Fonte Corriere della Sera) Per decenni, i ricercatori hanno sospettato che le persone infettate da un virus estremamente comune, chiamato Epstein-Barr (EBV), potessero avere maggiori probabilità di sviluppare la sclerosi multipla, una malattia neurologica degenerativa di tipo autoimmune (ovvero caratterizzata da un attacco immunitario improprio contro le fibre nervose) che in Italia colpisce 113 persone ogni 100 mila abitanti. Nel nostro Paese si stima, secondo i dati di Epicentro, che le persone con sclerosi multipla siano tra le 68.000-75.000 per un totale di 1800-2000 casi ogni anno.
Un nuovo studio pubblicato su Science, che segue altri lavori pubblicati già dal 2000, conferma che il virus Epstein-Barr sia una delle cause che possono innescare la sclerosi multipla. Analizzando i dati di circa 10 milioni di militari statunitensi, raccolti nel corso di due decenni, il team di ricerca guidato da Alberto Ascherio, epidemiologo della Harvard TH Chan School of Public Health, ha scoperto che il rischio di sviluppare la sclerosi multipla aumenta di 32 volte a seguito di un’infezione da EBV. Gli stessi ricercatori avvertono che il virus Epstein-Barr non è l’unico fattore di rischio noto per le persone che sviluppano la malattia, ma sarebbe il più evidente fra tutti.
L’EBV è un herpesvirus molto diffuso nella popolazione e si stima che in Italia contagi il 97% delle persone. Sebbene pochi siano a conoscenza del fatto di essersi infettati, alcuni sviluppano la mononucleosi (la malattia del bacio) . Il virus rimane nel corpo per tutta la vita. Nonostante sia un virus molto diffuso, pochissimi sviluppano la sclerosi multipla.
Come detto nella ricerca gli scienziati hanno esaminato i dati di 10 milioni di militari statunitensi che sono stati controllati per un ventennio con test ogni due anni per verificare la presenza di anticorpi contro EBV, segno dell’avvenuta infezione. Studiando le cartelle cliniche i ricercatori hanno identificato 801 militari che hanno sviluppato la sclerosi multipla durante il periodo di studio scoprendo che 35 di questi 801 erano risultati negativi al test per gli anticorpi specifici per EBV durante il campionamento iniziale del siero, ma col tempo tutte le persone tranne una sono state esposte al virus. Quindi 800 su 801 hanno contratto EBV prima di sviluppare la sclerosi multipla.
Il team ha eseguito diversi test per verificare se altri virus condividessero una correlazione così forte con la malattia, scoprendo però che EBV era l’unico a distinguersi in questo modo. Il punto di forza dello studio, ha sottolineato l’autore principale, il dottor Alberto Ascherio, è che è stato possibile seguire i volontari per anni e verificare se le infezioni da Epstein-Barr hanno preceduto la sclerosi multipla.
Nella sclerosi multipla, malattia invalidante ancora orfana di una cura definitiva il sistema immunitario attacca erroneamente la mielina, una guaina isolante che circonda molte fibre nervose, e questo danno compromette la capacità delle cellule nervose di trasmettere segnali e progressivamente il paziente perde il controllo muscolare. I primi segni di questo danno alle cellule nervose possono comparire fino a sei anni prima dell’inizio della sclerosi multipla.
Una domanda resta ancora senza risposta: perché dal momento che maggior parte delle persone contrae l’EBV solo alcune, una minimissima parte, sviluppano la sclerosi multipla? «Invertiamo i dati – propone Roberto Furlan, neurologo esperto di Sclerosi multipla, direttore dell’Istituto di neurologia sperimentale all’ospedale San Raffaele di Milano – e vediamo su poco meno di mille persone con EBV, solo una sviluppa la sclerosi multipla. Il virus è una condizione necessaria ma non sufficiente».
Il team di Harvard ha individuato anche un altro indizio sull’ipotesi che l’EBV possa innescare la sclerosi multipla: nel siero di coloro che hanno sviluppato la malattia, sono stati individuati segni di danni ai nervi che si sono manifestati dopo l’esposizione all’EBV ma prima della diagnosi ufficiale di SM. In particolare, hanno cercato una proteina chiamata catena leggera del neurofilamento, le cui concentrazioni aumentano nel sangue in seguito al danno alle cellule nervose. Questa proteina è aumentata nel siero di coloro che hanno sviluppato la sclerosi multipla, ma solo dopo che sono stati esposti a EBV. Per quelli nel gruppo di controllo, che non hanno mai sviluppato la sclerosi multipla, la concentrazione della catena leggera del neurofilamento nel sangue è rimasta la stessa prima e dopo aver contratto l’EBV; questo è in linea con l’idea che l’esposizione a EBV non fa scattare la sclerosi multipla in tutti, ma piuttosto solo nelle persone suscettibili.
Perché come detto, la maggior parte delle persone contrae l’EBV, ma solo pochissime sviluppano la sclerosi multipla, quali sono gli altri fattori di rischio?
«Come per tutte le malattie autoimmuni entrano in gioco più concause. Esistono altri co-fattori genetici e ambientali» spiega Furlan. «Non è una malattia genetica, infatti non sconsigliamo ai pazienti di avere figli. Basti pensare che la concordanza di malattia in gemelli omozigoti, identici, è relativamente bassa, sotto il 7%. Significa che nel 93% dei casi avere lo stesso Dna non fa venire la malattia, oltre al fatto che i gemelli condividono l’ambiente. Sono stati comunque identificati finora 140 geni in pazienti con sclerosi multipla che da soli hanno un impatto molto ridotto ma presi insieme contribuiscono alla predisposizione alla malattia. Fumo e bassi livelli di vitamina D sono altri fattori predisponenti oltre che al genere: per ogni maschio con sclerosi multipla ci sono 3,8 femmine».
Secondo gli autori all’interno di un contesto genetico e ambientale EBV potrebbe accendere la miccia che innesca lo sviluppo della sclerosi multipla. Ma forse in futuro, un vaccino EBV potrebbe impedire che quella miccia si accenda: «L’Epstein-Bar come tutti i virus degli herpes sono molto complessi perché mutano molto e finora non è stato possibile creare vaccini specifici nonostante l’impegno degli scienziati. Ora vediamo se la nuova tecnologia a mRNA può dare un valido contributo alla ricerca» conclude Furlan. L’azienda Moderna ha appena avviato uno studio clinico in fase 1 (Eclipse) per arrivare a creare un vaccino contro il virus di Epstein-Barr. Lo studio si svolgerà in circa 15 siti negli Stati Uniti e coinvolgerà circa 272 adulti sani di età compresa tra 18 e 30 anni. La sperimentazione dovrebbe concludersi nel giugno 2023. Anche Pfizer sta lavorando ad espandere la tecnologia mRNA, annunciando di aver cominciato a lavorare a un vaccino contro l’herpes zooster.
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